Rome - Contact & order: Geograph.Issues@gmail.com

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venerdì 21 dicembre 2012

Intervista a Calcutta in Vita Vera di Vice italia

Calcutta è un cantautore che ha appena pubblicato il suo album Forse... per Geograph Records, la migliore etichetta italiana in circolazione, più che altro perché vanta in catalogo quel capolavoro che è STLNV di Grip Casino (che in effetti è il proprietario dell’etichetta). Nonostante non sia quello che si dice un appassionato di cantautorame nostrano (né estero), Calcutta mi incuriosisce perché se c’è un cuore, un nucleo attorno a cui ruota la sua intera... ma sì, diciamolo ancora, poetica, questo è Latina. La città, intendo. Un posto che nell’immaginario italiano non gode di grande stima né considerazione, tanto che quando ero piccolo mi pare di ricordare che finì in testa a una apposito sondaggio sulle città più brutte d’Italia. Devo dire che quando finalmente a Latina ci sono andato, tanto brutta non mi è sembrata. Però un po’ di disagio sì, me l’ha messo. E allora ho colto l’occasione per parlarne con l’uomo che ha firmato brani con titoli quali “Arbre Magique” e “Pomezia”. È, se vogliamo, la nostra Guida alla capitale dell’Agro Pontino raccontata dalla viva voce del suo involontario bardo. Che non è Pennacchi, evidentemente.
VICE: Raccontami un po’ cos’è Latina. Forse non lo sai ma già la settimana scorsa mi è capitato di citarla, per via del grattacielo...
Calcutta: La Torre Pontina?
Sì, quella. Ti piace?
Molto. Trovo si sposi bene col paesaggio.
Dici sul serio?
Sì, perché Latina è questa città quadrata, razionalista, in stile littorio...
Il nome originale era Littoria, infatti.
Esatto. Diciamo comunque che Latina è un po’ un’appendice di Roma e un po’ di Napoli (è a metà strada tra le due) ma ha pure una lunga serie di contatti e connessioni con Milano. Non so per quale motivo, ma il jet set milanese ha una certa propensione a investire in città. Aprono locali, posti, situazioni… Non è una faccenda chiarissima, credo che ci siano storie di riciclo di denaro sporco, forse roba di camorra... Ma veramente, non ne ho idea.
Quanti abitanti fa Latina?
Circa 120.000.
È piccolina.
Non è enorme, no.
Non trovi bizzarro che in una cittadina di 120.000 abitanti spunti un grattacielo che per qualche tempo è finito tra i più alti d’Italia?
In effetti la cosa ha sorpreso un po’ tutti. Ma devi anche capire i grattacieli sono molto americani. E Latina, come tutto l’Agro Pontino, è un po’ l’America d’Italia. Coi veneti al posto degli inglesi e i butteri al posto degli indiani.
Spiegati meglio.
Come saprai fino a inizi Novecento l’Agro Pontino era un posto di frontiera, un’area malsana con le paludi, la malaria… Poi venne bonificata da Mussolini, che ci fece costruire delle città—le famose città di fonazione. Latina è la più grande di queste città. Un’ex palude che venne immediatamente colonizzata da veneti, friulani, gente del Nord Est, poveracci in cerca di un pezzo di terra… e questi coloni soppiantarono la popolazione locale, che erano i butteri: perlopiù pastori, bovari bravissimi coi cavalli, al punto che una volta venne Buffalo Bill a sfidarli, lo sapevi?

Sì, mi pare di ricordare... È una specie di leggenda locale, no?
Ma quale leggenda, è un fatto storico accertato. Buffalo Bill venne a fare questo tour circense che si chiamava Wild West Show o qualcosa del genere, e sai com’è, si metteva a fare il cowboy sui cavalli, le corse, le esibizioni… Solo che una volta sfidò i butteri di Cisterna (un posto in provincia di Latina) e quelli gli fecero il culo. Lo stracciarono proprio. Ti posso anche dire il nome del tizio che lo sconfisse, a Buffalo Bill: Augusto Imperiali.
Immagino ne andiate molto fieri.
C’è una diatriba con Velletri su quale sia la vera città d’origine di Augusto Imperiali, ma in linea di massima diciamo che la sua provenienza latinense ormai è accettata.
Prosegui col paragone con l’America. Saprai che praticamente qualsiasi provincia italiana è convinta di essere l’America, no? Tipo Guccini e il suo “tra la via Emilia e il West”. O gli 883 che paragonavano Pavia a Los Angeles. Deve essere una specie di complesso urbano. Tu in America ci sei mai stato?
Come no. Ci ho vissuto, anche.
Ah sì? E dove?
A New York. Ma solo per qualche mese.
Ti sentivi a tuo agio a New York?
Molto. Un po’ mi ricordava Latina, in effetti.
Dici? Io sono stato sia a Latina che a New York e in tutta onestà non mi sembrava che si somigliassero. Deve essermi sfuggito qualcosa.
Ma guarda, c’è il mio amico David dei Sigfried and Roid-Rage che a Latina ci veniva spesso, e lui diceva sempre “Quando sono a Latina per me è come essere a casa!” Anche se in effetti più che a New York la paragonava alle cittadine dell’Alabama. Forse perché anche a Latina il punto di ritrovo per eccellenza è la gas station.
A me più che l’Alabama (che non ho mai vistato), Latina ha sempre fatto pensare più… non so, hai presente Lovecraft?
Sì... Più o meno.
Lui ambienta molte delle sue storie in queste cittadine del New England paludose e depresse, popolate da gente strana, semi-incestuosa, mezzi mostri che nascondono segreti indicibili… Ecco, l’impressione che mi ha fatto è quella.
Be’, è una città un po’ malata, quello sì. C’era anche la centrale nucleare, quindi magari…
Dici che magari ha influito.
Può darsi. Latina è piena di criminali, anche. È la piazza principale in Italia per il traffico di armi.
Ah sì?
Almeno mi pare di aver letto così. Latina e Velletri.
Velletri?
Sì, sempre quella con cui c’è la diatriba sul buttero Imperiali.
Quindi a Latina andate tutti in giro con la pistola?
Certo. Cioè, non tutti tutti. Però è abbastanza diffuso.
Tu conosci gente, hai amici che in casa hanno la pistola?
Sì, perché? Ne vuoi una?
Se te lo chiedessi potresti rimediarmela?
Ho amici… ma dici sul serio?
Tu la pistola ce l’hai?
No, io no. Nemmeno la mia famiglia. Però c’è questa gente così, che magari gli piace sparare in aria, o agli autovelox sulla Pontina, cose del genere. C’era questo tizio che abitava vicino da me, che quando litigava con la moglie per sfogarsi prendeva la pistola e sparava.
Alla moglie?
No no, in aria. Dai per favore, cambiamo argomento.
Pensi sia pericoloso parlarne?
Mi sento a disagio, ecco.
Vuoi che ti chieda perché i tuoi testi sono tristi?
Non è che sono tristi. Cioè, un po’ sì. Sempre per via di Latina, per l’architettura littoria, il marmo, queste strade dritte, i palazzi squadrati ma dimessi … Non è come l’Eur a Roma, che è monumentale e quando ci entri fai “uau”. A Latina è tutto più in piccolo ma come… metafisico, e questo un po’ influisce sul carattere delle persone. E poi c’è la profezia…
La profezia?
La profezia di Latina. Tornerà palude. È un posto che semplicemente non dovrebbe esistere.
Tempo fa parlavo col nostro comune amico Demented, che anche lui come saprai ha dei contatti da quelle parti, e mi diceva di Sabaudia…
Ah be’ certo, Sabaudia. È sempre Latina, un’altra città di fondazione.
Demented mi diceva che a Sabaudia c’era il mostro di Loch Ness.
Sì, gira questa voce. Cioè, non è il mostro di Loch Ness perché non stiamo in Scozia, ma è comunque il mostro di Sabaudia. La zona di Latina è anche uno dei maggiori centri ufologici italiani, ci sono un sacco di avvistamenti.
A chi non conosce Latina, cosa ti sentiresti di dire? Di andare a visitarla, di conoscerla?
Certo, assolutamente. Tutti dovrebbero visitarla almeno una volta nella vita.
Pensi che il tuo disco possa contribuire a fare un po’ di pubblicità a questa amena cittadina dell’Agro Pontino?
Può darsi. Però ecco, non mi far passare per il cantante della vita di provincia dai. Insomma, non era questo l’intento.
Trovami uno slogan per Latina.
Uhm, ci devo pensare… Che ne pensi di “Nel Lazio non c’è solo Roma”?
È orribile. Diamo almeno un indizio ai lettori: tipo non so, a parte New York e l’Alabama a quale altro posto la paragoneresti?
Uhm… Un po’ al Far West. Sempre per via delle pistole.
E su, basta con l’America. Troviamo un parallelo italiano, dai. Tipo “Latina: la Firenze dell’Agro Pontino”.
Ok.
Intendi dire che veramente è la Firenze dell’Agro Pontino?
No no, con Firenze non c’entra niente. Era solo per venirti dietro.
E allora dai, qual è la città italiana che più paragoneresti a Latina?
Uhm… Credo Foggia. Direi Foggia, sì.  
“Nel Lazio non c’è solo Roma: ma anche Latina, la Foggia dell’Agro Pontino”. Suona bene, no? Di cosa vogliamo parlare adesso? È vero che uniranno la provincia di Latina a quella di Frosinone? Come la state prendendo?
Non tanto bene. Perché vedi, Frosinone per noi è un po’ come il Canada. Ma sto cercando di allacciare i primi rapporti con i nostri vicini d’oltreconfine, per conoscerli meglio. Sono stato a Ceccano, un posto molto bello. È pieno di salite. E naturalmente anche di discese. Sembra proprio il Canada, devo dire. Credo ci nevichi anche.


                                                                     Valerio Mattioli

http://www.vice.com/it/read/vita-vera-calcutta

lunedì 10 dicembre 2012

Intervista a Kawamura Gun


Il 17 dicembre esce per la Geograph Records il nuovo disco solista di Gun Kawamura. Artista nipponico, poliedrico, gentile, ironico, graziato da un talento originale che coltiva con cura. Il titolo del nuovo album sarà “Brutiful” e sarà presentato il 20 Gennaio in un rifugio amico post partita al Pigneto.
Incontro Mr. Kawamura per un proverbiale tè, preparato dal medesimo ad arte, una cerimonia del tè in piena regola ed introduciamo una piccola aneddotica sulla bellezza partendo dall’orchidea che trovo sul tavolo. La manifestazione della bellezza secondo il modo di sfiorire sembra apparentemente un argomento fuori tema:
Suoni come frontman in un gruppo (Blind Birds N.d.R.) da anni, perché la necessità di un disco solista?
A volte mi è capitato di comporre pezzi non adatti al gruppo, li mettevo da parte, quando mi si è presentata l’opportunità, ho accettato la proposta di fare uscire un lavoro come solista. 
Spiegaci il titolo dell’album, cosa significa “Brutiful” per te?
Ho scelto di chiamarlo “Brutiful” perché è il titolo del terzo disco mai uscito dei Silverhead, sentivo questa parola vicina alla definizione delle mie canzoni, è una parola che gioca sull’italiano e l’inglese, brutto/beautiful, non brutal/beautiful come in inglese, per me una cosa ha importanza quando possiamo vederne le due facce, se riusciamo a vederle entrambe siamo felici. Penso che una cosa al 100% positiva o al 100% negativa sia brutta, bisogna mixare le due per essere qualcosa di attraente … come in un quadro di Alberto Burri ma questo non lo scrivere … (ride).
Quale tipo musica ti ha influenzato?
Forse più di tutte mi ha influenzato la musica che va dal ’65 al ’75, Marc Bolan + T.Rex, Sparks, i già citati Silverhead, Slade, Bowie, New York Dolls, mi piacciono anche Television, Xtc, Adam Ant, Robert Wyatt, Todd Rundgren... ascolto anche la musica contemporanea... Toru Takemitsu, Luigi Nono, Gavin Bryars... e tanti tipi di musica diversi ed ho tanto rispetto per la musica Brasiliana, se vuoi posso dirti anche chi non mi piace…
No dai, manteniamoci in un atteggiamento politically correct, canti in inglese?
Sì, anche in giapponese, vorrei anche in italiano ma non ho molta confidenza con la metrica (ride).
Nelle tue composizioni quale valenza ha il testo?
Per me la voce è uno strumento come la chitarra o il basso. Non sono un poeta, ho sempre lavorato per migliorare la composizione e dimenticare la tecnica.
A quale canzone dell’album sei più affezionato?
Non so rispondere.
Ok allora parliamo, se ti va, di quelle che mi sono rimaste in testa al primo ascolto. Say no word mi ha spiazzato, sembra qualcosa di diverso da quello che hai suonato finora...
Ho immaginato un uomo che vive a Londra, dove ho vissuto per alcuni anni, un uomo che non dice mai nulla, che non ha scopo nella vita o forse ha perso lo scopo, fa passare la giornata “così”, se vuoi, è malinconica.
Mentre Mawatte sembra potenzialmente un singolo...
Non lo so questo, è vero la canzone piace un po’ a tutti... racconta della mia infanzia in Giappone, di quando avevo circa cinque anni, è una canzone in cui sento uno stato di protezione, d’ingenuità... prima di affrontare il mondo.
E Cure me…
Cure me è una canzone che fa vedere una parte debole di me, solitamente e come tutti cerco di nasconderla ma qui le ho lasciato spazio per esprimersi; è una canzone abbastanza semplice... quando stai male tu vuoi qualcuno vicino, accanto a te, che ti cura.

Finita la nostra cerimonia, Gun mi regala la scatola del tè meraviglioso che ho bevuto; lo ringrazio più volte, mi guarda stupito: “Non dire grazie, questa scatola altrimenti la bevo io!”. Ripenso alla prima volta che ci incontrammo quando disse: “L’ultimo momento è quello che conta”, ma per me i ricordi sono importanti. Differenze culturali o di genere?
I. L.

giovedì 6 dicembre 2012

Hot News 2: Calcutta !



E' quasi pronta anche un altra nuova nuova uscita.
Si tratta del disco solista di Calcutta, la grande promessa del cantautorato nazionale odierno.
L'album avrà per titolo "Forse..." ed uscirà nei negozi il 19 dicembre 2012 con mini showcase e presentazione ufficiale lo stesso giorno presso i locali dell'Alpacha distro, via fanfulla da lodi 5, Roma. Ore 18.30.
Ripeto: mercoledì 19 dicembre ore 18.30 all'Alpacha distro,
presentazione con mini-live.



It's almost ready also another new new release.
This is the first solo album of Calcutta, the great promise of national songwriting today.
The album is entitled "Forse..." and will be released in stores December 19, 2012 with mini showcase and official presentation.
Stay tuned.





  •        Edoardo Calcutta è un giovane di latina. Dal 2007 fonda e partecipa a centinaia di band fallimentari e rumorosissime nella sua città. Un giorno decide di fondare con Marco Crypta i Calcutta, duo chimp pop all'italiana, una miscela indie fra Beat Happening e Lucio Battisti. Il gruppo si esibisce la prima volta al sottoscala 9 come gruppo spalla dei Timber Rattle, conquistando subito i cuori dei presenti. L'entusiasmo generale di porterà a riempire qualsiasi buco possibile nella programmazione del locale. Nel 2011 Marco lascia la band e con lui anche la sezione ritmica svanisce,di conseguenza Edoardo si ritroverà solo e cantautore.




lunedì 19 novembre 2012

Hot News: Kawamura Gun !

E' quasi pronta la nostra nuova uscita.
Si tratta del disco solista di Gun Kawamura, artista poliedrico giapponese residente a Roma ormai da molti anni.
L'album avrà per titolo "Brutiful" ed uscirà nei negozi il 17 dicembre 2012.
La presentazione ed il live ufficiale avverrà invece il 20 Gennaio.
Restate sintonizzati quindi.

It 's almost ready for our new release.

This is the solo album of Gun Kawamura, Japanese versatile artist who lived in Rome for many years.
The album is entitled "Brutiful" and will be released in stores December 17, 2012.
The live presentation and will be officially on January 13th instead.
Stay tuned then.




  • Kawamura Gun nato a Yaizu (Giappone). Dopo aver studiato arte in Inghilterra poi il trasferimento in Italia, a Roma, dove vive tutt'ora, negli anni ha accumulato ampia esperienza nel campo delle arti visive ed in quello del rock contemporaneo - realizzando numerose mostre e concerti. Attualmente è impegnato come chitarrista cantante dei Blind Birds - "Brutiful" è il nome del suo primo disco solista, la somma della sua estetica e ortodossia, il cui nucleo è racchiuso in una semplice parola che sta a significare l'essenza del "brutto" e del "beautiful".




giovedì 25 ottobre 2012

Gigs:


Geograph Dates - Trapcoustic, Eva Won, Calcutta & Grip Casino live


2 Novembre - Firenze - Archea Brewery via de serragli 44 rosso (S. Spirito) - ore 22.30
3 Novembre - Milano - Studio 14 - via G. e C. Venini 79 (zona viale Monza) - ore 21.00 
4 Novembre - Pesaro - Casa Cerreto - strada Cerreto (Novilara) - ore 16.00
5 Novembre - Roma - Forte Fanfulla - via fanfulla da lodi 5 (Pigneto) - ore 22.00

sabato 14 luglio 2012

Trapcoustic recensito da Vono Box

Trapcoustic -"Bonsai Heart" (Geograph Records)

Trapcoustic è l'ennesima incarnazione di Trap Jaw dei Maximillian I, conosciuto anche come Black And Decker ai tempi dei compianti Shokogaz (nei quali cantava e suonava la chitarra) e Micropupazzo. Il progetto Trapcoustic non assomiglia a nulla che il nostro abbia fatto in precedenza, in questa veste suona sorprendentemente intimista e meditativo. E' la prima volta che accade, forse l'ultima, e gli giova maledettamente. Come ci suggerisce la ragione sociale, si tratta di musica acustica (oltre che domestica). E' la chitarra classica a sostenere il gioco insieme alla voce sussarata, ma ci sono anche splendidi episodi per solo violino e per sola pianola. Il tutto è immerso in un spazio di echi lontani abitati da rumori di cavi mal funzionanti. Un diario privato che cita Tim Buckley e Skip Spence ed è animato dagli spettri di MIJ l'astrologo dello yodel,Jandek, Pearls Before Swine, Daniel Johnston. "Bonsai Heart" è un piccolo gioiello, un passo oltre tutto il sottobosco romano. Il lavoro è pubblicato su cassetta dalla capitolina Geograph Records, originale etichetta dedita a sonorità che girano intorno a forme deviate di folk e che vanta in catalogo nomi di tutto rispetto quali Harmony Molina e Grip Casino.

Eva Won su Rumore Luglio/Agosto 2012 nella rubrica Privè di Vittore Baroni!


mercoledì 30 maggio 2012

review from komakino zine





Mi capita sempre più spesso di uscire dai negozi di dischi a mani vuote. Per poi sentirmi un po’ come un taccheggiatore al contrario, con le mani in tasca, le buste dello shopping vuote ed il desiderio di allontanarmi il prima possible dal luogo del non-delitto. Mi sa che è pure un po’ come fare cilecca. Tutta  quell’aspettativa e alla fine niente. 
Ma proprio quando meno me l’aspetto, l’altra sera trovo ad un concerto il buon Antonio “Grip Casino” al banchetto della sua etichetta, la Geograph Records. Dopo aver amabilmente chiacchierato del più e del meno mi sono ritrovato ad armeggiare con questa tape, l’ho comprata ed ora non ascolto altro da una decina di giorni a questa parte.
La tape in questione è l’esordio di Eva Won, già batterista con Bobsleigh Babyed ora alle prese con la sei corde a sciorinare melodie da camera da letto in bassa fedeltà. Le dodici tracce in questione scorrono via che è un piacere tra suggestioni dreamy, malinconiche regressioni ‘90s, pop eclettico  minimale e sperimentale.
Per esempio See you in the Sun è come luce mattutina che filtra pigramente tra le tapparelle, mentre la voce di Eva emerge da un gomitolo di noise, si raddoppia e poi cade in picchiata. Water è un vero e proprio gioello dream pop che affoga in un mare di riverbero e che ha il fascino mellifluo di quella musica che ogni tanto ci arriva casualmente  da altre stanze: sfocata ed inafferrabile. Mentre Caldo è bucolica poetica sghemba in italiano, invece When you Snore alza la pressione grazie ad una batteria in quattro quarti.
City Garden chiude il sipario con grazia folk, malinconia in slow motion e spleen domenicale. 
Amore sotto forma di canzoni marchiate da una voce fuori dal comune”: così in casa Geograph salutano orgogliosamente questo piccolo grande disco. Non capita spesso, ma è sempre emozionante poter assistere alla nascita di una stella.

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  °   °     /_ .K ..·
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It happens more and more often to get out of a record stores empty-handed. And with that feeling of being a bit like a shoplifter on reverse, hands in pocket, empty shopping bags, and the only desire to get away as soon as possible from that non-crime scene. I guess it's a bit like when you can't get it up. All that expectation, and nothing at the end of it. 
But, when you least expect it, some night ago I meet in a gig our good friend Antonio “Grip Casino” standing at the banquet of his label,  Geograph Records. After having chatted amiably, I found myself fiddling with this tape, I bought it and now I do not hear much else since ten days so far.
The tape is the debut of Eva Won, former drummer with Bobsleigh Baby, and now grappling with the six strings, rattling off melodies, from the bedroom of low fidelity. The twelve tracks in question are pure pleasure, blending suggestive dream pop, melancholic regressions '90s, experimental and minimal eclectic pop.
For example, See you in the Sun is like the morning light that filters lazily between the shutters, while Eva's voice emerges from a ball of noise, it doubles and then plummets. Water is a real dream pop jewel, drowning in a sea of ​​reverb and which has the charm of that mellifluous kind of music that sometimes we get randomly from other rooms: fuzzy and elusive. While Caldo is skewed bucolic poetry in Italian, yet, in When you Snore the pressure rises up due to 4/4 drumming.
"Love in the form of songs marked by a voice out of the ordinary" is how the house Geograph proudly salutes this great little disc. It does not happen often, but it's always exciting to witness the birth of a star.


 by michael inch

venerdì 25 maggio 2012

review from nerdsattack

EVA WON [Eva Won-Geograph Records 2012]

May 25th, 2012 | By NerdsAttack.net |
“Recorded by Eva Won in her bedroom except for…”. Dunque siamo dinnanzi ad una nostrana bedroom songwriter ammantata da un velo di mistero, camminando silenziosamente tra le pieghe (lunghe meno di mezz’ora) di un album sospeso, straniante, scarno, essenziale, esistenziale, che si avvale della collaborazione di un “giro” di validissimi musicisti della capitale che orbitano spesso, rimbalzando, tra le “avanguardie” di locali-spazi vitali come Fanfulla 101 e Dal Verme (Manuel Cascone - Cascao & Lady Maru, Nastro… -, Trapcoustic, Grip Casino, Edoardo Calcutta). Eva Won è novella Alice in un paese delle non meraviglie, spaesata e stralunata, a ricamare spiragli e sussurri, respiri e armonie a luce fioca, folk(sad)core che penetra in una giornata di non sole, mentre l’anima si fa pulsante tra non colori e litanie filtrate cantate per metà in inglese e per metà in italiano. Ventisetteminuti di sorprese e istinti non comuni. Per questo non per tutti. [****]
Emanuele Tamagnini

venerdì 18 maggio 2012

Eva Won - 1st review


EVA WON

Eva Won
(Geograph) 2012
experimental folk lo-fi
Ritroviamo con grande piacere una nuova uscita della Geograph, una delle realtà indie più interessanti e coraggiose esistenti oggi in Italia. Per la verità, avevamo lasciato la piccola etichetta gestita da Grip Casino, con la complicità della Alpacha Distro, con il non esaltante disco di Harmony Molina che fino ad ora può ritenersi l'unica loro ciambella uscita senza buco.

Eva Won è una folksinger che in realtà suona la batteria in un gruppo di tutt'altro genere, i Bobsleigh Baby, che hanno inciso un disco un paio d'anni fa per la Jeet Kune e che hanno partecipato alla storica compilation-manifesto della Borgata Boredom, in cui venivano presentate alcune delle novità salienti dell'underground romano. La stessa Eva suona anche in un'altra band, le Catering, che immagino essere tutta al femminile ma che onestamente non ho mai inteso di persona.

Se questo mini-Lp fosse uscito negli Stati Uniti probabilmente in parecchi avrebbero gridato a un piccolo miracolo. Si tratta infatti di un disco molto bello ed emozionante, nel quale non viene lesinata neanche una buona dose di creatività seppur le influenze musicali siano tutte ben codificate ed individuabili.
Il potenziale singolo di successo potrebbe essere la filastrocca alla Juliana Hatfield dei tempi d'oro (ma ridotta all'osso) di "When You Snore", ma già "Do You Remember" e "City Garden" si ispirano allo stile sghembo, umile e dimesso delle UT e delle Raincoats, dove accorte dissonanze elettroniche e drum machine (usate con molta discrezione e parsimonia) fanno però la differenza, distaccandole allo stesso tempo da quegli stessi modelli.

"See You In The Sun" rappresenta pure una bella sorpresa, con il suo refrainelettronico alla Spacemen 3 posto all'inizio, mentre la spettrale "Water" si situa in un limbo tra Cynthia Dall e Smog. Se "Father Williams" fosse un attimo più arrangiata e utilizzasse degli effetti psichedelici potrebbe essere di Azalia Snail. Non manca neanche un timido accenno di post-rock e "shoegaze" (termine, qui, da intendersi comunque in senso molto lato) come in "37" e in "Tangerine Love", che richiamano alcune cose di Jessica Bailiff di qualche anno fa.
Come si confà a questo tipo di operazioni, non può mancare il consueto episodio di folk deviante ("A"), ma l'altra novità saliente è rappresentata da "My Bunny Lies Over The Ocean", un eccellente rifacimento di un traditional scozzese che è stato registrato tutto in sordina (con voci gracchianti come se provenissero da un grammofono), un po' come accadeva nei primi dischi dei Pearls Before Swine.

Eva Won dimostra di avere anche discrete doti canore, ma ciò che più colpisce è l'ampio spettro di influenze, tutte ben amalgamate. In poche parole, lei ha saputo racchiudere tutto (o in parte) il suo zibaldone di conoscenze musicali in un corpusunico della durata di mezz'ora scarsa. Non è cosa da poco. Poi, come suggeriscono le note di copertina, tutto il disco è stato ispirato dall'amore per la natura, per gli animali e per la musica. Anche se un po' "freak" come attitudine, che volete di più? Il miglior disco della Geograph prodotto fino ad ora - e già mio candidato per la top ten di fine anno.