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venerdì 18 maggio 2012

Eva Won - 1st review


EVA WON

Eva Won
(Geograph) 2012
experimental folk lo-fi
Ritroviamo con grande piacere una nuova uscita della Geograph, una delle realtà indie più interessanti e coraggiose esistenti oggi in Italia. Per la verità, avevamo lasciato la piccola etichetta gestita da Grip Casino, con la complicità della Alpacha Distro, con il non esaltante disco di Harmony Molina che fino ad ora può ritenersi l'unica loro ciambella uscita senza buco.

Eva Won è una folksinger che in realtà suona la batteria in un gruppo di tutt'altro genere, i Bobsleigh Baby, che hanno inciso un disco un paio d'anni fa per la Jeet Kune e che hanno partecipato alla storica compilation-manifesto della Borgata Boredom, in cui venivano presentate alcune delle novità salienti dell'underground romano. La stessa Eva suona anche in un'altra band, le Catering, che immagino essere tutta al femminile ma che onestamente non ho mai inteso di persona.

Se questo mini-Lp fosse uscito negli Stati Uniti probabilmente in parecchi avrebbero gridato a un piccolo miracolo. Si tratta infatti di un disco molto bello ed emozionante, nel quale non viene lesinata neanche una buona dose di creatività seppur le influenze musicali siano tutte ben codificate ed individuabili.
Il potenziale singolo di successo potrebbe essere la filastrocca alla Juliana Hatfield dei tempi d'oro (ma ridotta all'osso) di "When You Snore", ma già "Do You Remember" e "City Garden" si ispirano allo stile sghembo, umile e dimesso delle UT e delle Raincoats, dove accorte dissonanze elettroniche e drum machine (usate con molta discrezione e parsimonia) fanno però la differenza, distaccandole allo stesso tempo da quegli stessi modelli.

"See You In The Sun" rappresenta pure una bella sorpresa, con il suo refrainelettronico alla Spacemen 3 posto all'inizio, mentre la spettrale "Water" si situa in un limbo tra Cynthia Dall e Smog. Se "Father Williams" fosse un attimo più arrangiata e utilizzasse degli effetti psichedelici potrebbe essere di Azalia Snail. Non manca neanche un timido accenno di post-rock e "shoegaze" (termine, qui, da intendersi comunque in senso molto lato) come in "37" e in "Tangerine Love", che richiamano alcune cose di Jessica Bailiff di qualche anno fa.
Come si confà a questo tipo di operazioni, non può mancare il consueto episodio di folk deviante ("A"), ma l'altra novità saliente è rappresentata da "My Bunny Lies Over The Ocean", un eccellente rifacimento di un traditional scozzese che è stato registrato tutto in sordina (con voci gracchianti come se provenissero da un grammofono), un po' come accadeva nei primi dischi dei Pearls Before Swine.

Eva Won dimostra di avere anche discrete doti canore, ma ciò che più colpisce è l'ampio spettro di influenze, tutte ben amalgamate. In poche parole, lei ha saputo racchiudere tutto (o in parte) il suo zibaldone di conoscenze musicali in un corpusunico della durata di mezz'ora scarsa. Non è cosa da poco. Poi, come suggeriscono le note di copertina, tutto il disco è stato ispirato dall'amore per la natura, per gli animali e per la musica. Anche se un po' "freak" come attitudine, che volete di più? Il miglior disco della Geograph prodotto fino ad ora - e già mio candidato per la top ten di fine anno.




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