Rome - Contact & order: Geograph.Issues@gmail.com

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martedì 26 marzo 2013

Review from Kathodik


Kawamura Gun ‘Brutiful’
(Geograph Records 2012)

Buona recensioni ha ricevuto il capellonissimo giapponese a Roma Gun Kawamura – o Kawamura Gun – con questo “Brutiful”, assemblaggio di di sydbarrettismi vari (cfr. Tongued Eyes o Motorized Hunger Man o Layers) e anni Settanta ipnagogizzati (Henda). Tutto fuori fuoco, con una certa delizia e perizia (perché il tipo sa scrivere e le canzoni sono nipponicamente orecchiabili: cfr. Ke o Everybody): Gun, che è artista a tutto tondo, quotato nell’ambito visivo, procede storto con melodie da garage (Mawatte Mawatte), ma pure da cameretta piena di poster (cfr. Say No Words).
Niente male; Geograph Records contact & order: Geograph.Issues@gmail.com

lunedì 25 marzo 2013

Review from Ondarock


CALCUTTA

Forse...

2012 (Geograph Records) | songwriting, alt-pop, lo-fi

I tempi stanno cambiando, e con i tempi cambiano gli approcci dei musicisti e dei non-musicisti di oggi. E’ in arrivo un’ondata anomala mai vista prima, in grado di far mutare persino l’approccio e le certezze consolidate di chi ascolta.
Se siete amanti della perfezione musicale formale o dei testi generati per rappresentare forme di letteratura “alta” o presunta tale (Baustelle, tanto per citare un caso scuola), rintanatevi dentro casa con la vostra scorta di dischi e non guardatevi intorno almeno per i prossimi cinque anni, perché qui fuori sta scoppiando una rivoluzione.

Prendete il caso di Edoardo Calcutta: una chitarra suonata in maniera elementare, in alcuni passaggi quasi fuori metrica, l’incedere incerto e caracollante di un cantato trascinato e svogliato, strofe che paiono figlie di un liceale confuso e distratto, costruzioni che sembrano stare in piedi a fatica. Ma alla fine questo approccio “insicuro” lascia il segno, trasformando le apparenti debolezze in virtù, in veri e propri punti di forza, in caratteristiche fondamentali per interpretare una forma di cantautorato sghembo, sgangherato.
Un nuovo modo di proporre musica che non presuppone necessariamente il fatto di saper cantare e suonare, anzi, tutt’altro. Il bello sta nel fatto che Calcutta sa fare entrambe le cose, anche se con grande astuzia vorrebbe farci credere il contrario, strafottendosene dei canoni e divertendosi a prenderci tutti per i fondelli, imponendosi come giovane promessa del nuovo songwriting nazionale.

Il vento sta cambiando. Calcutta non cerca date, sono queste che gli piovono addosso, e si ritrova a suonare su palchi importanti, anche fuori dai confini nazionali. Calcutta non cerca collaborazioni, e da qualche tempo la sua mail ed il suo telefono sono incandescenti. Calcutta non vuole fare un disco, ed allora gli amici lo fanno per lui.
Sì, Edoardo ci ha messo anni per partorire il suo esordio, vinto dalla timidezza; gli amici, oramai rassegnati, ma certi del valore delle canzoni, avevano recentemente deciso di interpretare i suoi pezzi in un disco tributo. Un tributo a un musicista che non aveva ancora pubblicato nulla. Idea geniale che si è tramutata nella spinta determinante per convincerlo a realizzare dodici tracce a nome proprio.

Calcutta trasmette emozioni semplici, travasate in fragili bozzetti che paiono stare in piedi a fatica, lasciati volutamente allo stato semi embrionale, così strampalati e banali da risultare veri e originali. Voce e chitarra in primo piano, tutto il resto sullo sfondo ad abbellire senza mai rubare la scena: sprazzi di elettronica obliqua, qualche percussione sparsa, fugaci schizzi di verace elettricità mai troppo invadente.
In qualche passaggio ricorda gli Altro, altrove pare un Vasco Brondi ancora più disintegrato, per il modo particolare di essere cantautore oggi, con quella poesia indie- sfiga nella quale tanti giovani (e non solo) possono facilmente riconoscersi.
Ricordi estivi, amori non ricambiati, amori problematici, malesseri adolescenziali, accenti surreali, storie semplici e comuni che partono dalla provincia cronica italiana per divenire universali.
Tu chiamalo se vuoi “provincialismo cosmico”.

Alle spalle c’è una label in ascesa, di quelle che si prendono cura dei propri figli, Geograph Records, la stessa che pubblica la sorprendente Eva Won, che qui dà una mano assieme agli altri compagni di scuderia Grip Casino, Manuel Cascone e Trapcoustic.
E’ musica per le nuove generazioni, una sorta di new punk per laringe e corde, se avete più di quarant’anni e non gradite, tutto sommato può esser giusto così. Ma sappiate che vi state perdendo ciò che sta diventando la normalità, forse siete voi ultra-quarantenni a essere irrimediabilmente fuori dal giro.
Quello di Calcutta si sta imponendo come un piccolo caso nazionale (pur all’interno di un circuito senz’altro di nicchia): “Forse…” è soltanto un primo, in parte timido, capitolo, ma dentro ci sono semi che potranno germogliare e generare qualcosa di importante.
L’anno scorso si parlò tanto de Lo Stato Sociale: Calcutta potrebbe diventare la clamorosa next big thing.


http://www.ondarock.it/recensioni/2012_calcutta_forse.htm


domenica 3 marzo 2013

Review from Kathodik



Calcutta ‘Forse …’
(Geograph Records 2012)

Edoardo Calcutta sfregia in trentacinque minuti e rotti di durata dodici brani di pasoliniano degrado (cfr. Pomezia): chitarre scordate e ricordi dolorosi di Flavio Giurato (cfr. Stella).
Il rock italiano più rovinoso che si sia mai sentito – Il tempo che resta sing along – e che non avremmo mai voluto sentire: I dinosauri è una canzone che non si arrende, Senza asciugamano è quasi riuscita.
Aggiunto: March 3rd 2013
Recensore: Marco Fiori
Voto: 




http://www.kathodik.it/modules.php?name=Reviews&rop=showcontent&id=5274

sabato 2 marzo 2013

Nick Zurlo ci parla su MusicZoom


    Maps of Borgata: Geograph Records

a cura di Nick Zurlo
Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito ad una vera e propria proliferazione di micro-label musicali che, sulla scia dei dettami D.I.Y. (“do it yourself” ovvero “fattelo da solo”) delle produzioni discografiche punk-hardcore, hanno completamente ridisegnato il panorama underground mondiale e italiano.
Anche la povera Italia, tanto bistrattata e malata di esterofilia, possiede dei giacimenti importanti dove è possibile trovare metalli preziosi, e fra i tanti filoni che percorrono sotterraneamente la capitale può capitare (per i più fortunati) di imbattersi nella Geograph Records, etichetta di cassette e cdR che gravita in quella Roma Est che ha fatto di Borgata Boredom il suo manifesto artistico.

Geograph Records
La Geograph è nata da pochi anni ma ha già sfornato alcuni dei lavori più interessanti di “cantautori”, se così possiamo definirli, di questo miasma weird-pop che in controtendenza con una società basata sull’apparenza sorretta da una continua esposizione ad un’iconografia mediatica che rimbalza dal trash al nazionalpopolare.
Grip Casino, Eva Won, Trapcoustic, Harmony Molina e gli altri musicisti che orbitano intorno alla Geograph corrispondono ad un’isola sperduta in questo oceano di superficialità, un luogo dove è possibile incontrare strane creature e dove la vegetazione offre frutti genuini ed esotici.


Grip Casino - SNTVL
Già dalla prima uscita: Grip CasinoSNTVL la Geograph presenta al pubblico un disco essenziale ed eccentrico che ricorda molto da vicino i primi lavori di Daniel Johnston.
La chitarra storta e dissonante è suonata con un approccio primitivista che risulta ancora più aspro per via dello stile di registrazione casalingo.
Le canzoni che compongono questo disco sono spesso intervallate da intermezzi chiamati Skit che sono delle incursioni noise in una cornice che va dal punk ad un certo genere di indie-folk che si è sviluppato soprattutto negli Stati Uniti ed in Australia con esperienze come Tall Dwarf o Half Japanese.
Il secondo titolo della Geograph è affidato a Bonsai Heart dell’artista polistrumentista romano Trapcoustic.


Trapcoustic - Bonsai Heart
Inizialmente avevo qualche riserva su questo lavoro, semplicemente non riuscivo a spiegarmi come un “noiser” della prima ora come Stefano Di Trapani (alias Trapcoustic) potesse avere nelle corde un genere così prettamente indie-folk, poi ad un ascolto più attento mi sono dovuto ricredere.
“Bonsai Heart” è forse uno dei migliori e più ispirati dischi che abbia ascoltato negli ultimi anni, Nick Drake incontra il cadavere di Kurt Cobain e quello che ne esce è una sorta di punk-psichedelia  totalmente dissennata e percorsa da lampi di assoluta genialità creativa. English muffins for breakfast while you’re smoothly rubbing your legs against mine è il titolo del disco del cantautore post-grunge Harmony Molina, primo ospite internazionale che fuoriesce, almeno geograficamente, dall’entourage romano della Geograph.


Harmony Molina - English muffins for breakfast while you're smoothly rubbing your legs against mine
Il disco è composto da 11 affreschi moderni che scorrono fluidamente sul nastro della tape come se appartenesse da sempre all’ascoltatore, un “istant-classic” che, appunto per la sua compiutezza, non solleva ulteriori interessi all’orecchio di un appassionato di sperimentazione.
L’ultima release risale a primavera 2012 ed è l’esordio di Eva Won con il suo disco omonimo.
Questa è una delle più belle sorprese dell’anno, lo spettro cromatico delle influenze è enorme, si va dagli Spacemen 3 alle Y Pants, il tutto miscelato sapientemente e condito da una sorprendente (auto)ironia. S/t di Eva Won rappresenta una vittoria di “squadra”, è il manifesto di una scena che offre la possibilità a chiunque abbia qualcosa (di interessante) da dire di esprimersi artisticamente e creativamente, ed è questo il punto di forza e fondamentale peculiarità di etichette come Geograph Records.


Eva Won - S/t
Ho incontrato “Giannantony” aka Antonio Giannantonio aka Grip Casino alla manifestazione Crack Comics!, un festival di fumetti indipendenti nella suggestiva cornice del centro sociale Forte Prenestino in Roma, lì abbiamo registrato questa intervista che sono lieto di trascrivere per i lettori di Musiczoom.
Nick Zurlo: Perchè è nata Geograph Records?
Antonio: Fin da quando ero “pischello” ho sempre sognato di avere un’etichetta, registrare gruppi, fare dei racconti, fare delle cose che mi rappresentassero. L’idea è quella di utilizzare le “canzoni”, una sorta di racconto povero, una cosa che sta andando scomparendo.
N: Geograph si inserisce in un contesto musicale (Roma Est/Borgata Boredom) che fondamentalmente è percorso dalla vena noise, proponendo opere che effettivamente non hanno nulla a che vedere con questo genere di musica totalmente destrutturata.
A: Questo avviene principalmente per il fascino che si prova per alcuni dischi “compiuti”, fatti di pochi accordi e di parole cantate. Certo Geograph Records non sarebbe mai esistita senza Borgata Boredom.
N: Pensi che questo tipo di approccio molto “privato” o “intimista” possa essere di respiro globale o soltanto circoscritto ad una cerchia di amici e aficionados che seguono questa scena?
A: Questo è un problema che noi affrontiamo per ogni uscita, non possiamo permetterci lunghe sessioni di registrazioni o microfoni da 2000 euro quindi ci affidiamo al room-recording.
Ogni artista ha delle idee precise e per evitare che vengano in qualche modo corrotte ci affidiamo all’autoproduzione.
Il nostro approccio non è quello di fare un prodotto circoscritto solo per gli amanti del Lo Fi ma questa è una scelta obbligata.
N: Parlando proprio di supporto fisico, voi Prediligete il cd-r e la tape, come mai la scelta di questi due supporti che sono così ostici per l’ascoltatore medio?
A: Noi usiamo questi supporti perché costano poco, la tape è il vinile dei poveri, ha un suono ed una peculiarità che affascina, ha una sua dignità in quanto nastro registrato.
N: Che musica bisogna fare per essere pubblicato su Geograph?
A: Io amo molto il suono scarno, povero, che con pochi accordi riesce a raccontare qualcosa di potente, è questa la caratteristica che la Geograph ricerca nei suoi artisti.
N: Che feedback avete dal pubblico?
A: La gente è strana, noi non ci autopromuoviamo tantissimo, ogni uscita è di 50 tape e un numero indefinito di cd-r.
La maggior parte delle vendite vengono da concerti che fanno gli artisti e da negozi di dischi che sono prevalentemente nella città di Roma, dovremmo in un certo senso sviluppare meglio la nostra distribuzione. Noi speriamo sempre che la gente ci venga a cercare.
N: Quale artista ti piacerebbe ospitare nella tua etichetta?
A: vorrei scrivere a Phil Elvurm, artista americano che ha pubblicato con molti pseudonimi come Microphones o Mount Erie, mi piace molto il suo stile che definirei magico e libero, mi piacciono le sue canzoni, mi piacerebbe che mi regalasse qualcosa da pubblicare su Geograph.


http://www.musiczoom.it/?p=11470