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lunedì 25 marzo 2013

Review from Ondarock


CALCUTTA

Forse...

2012 (Geograph Records) | songwriting, alt-pop, lo-fi

I tempi stanno cambiando, e con i tempi cambiano gli approcci dei musicisti e dei non-musicisti di oggi. E’ in arrivo un’ondata anomala mai vista prima, in grado di far mutare persino l’approccio e le certezze consolidate di chi ascolta.
Se siete amanti della perfezione musicale formale o dei testi generati per rappresentare forme di letteratura “alta” o presunta tale (Baustelle, tanto per citare un caso scuola), rintanatevi dentro casa con la vostra scorta di dischi e non guardatevi intorno almeno per i prossimi cinque anni, perché qui fuori sta scoppiando una rivoluzione.

Prendete il caso di Edoardo Calcutta: una chitarra suonata in maniera elementare, in alcuni passaggi quasi fuori metrica, l’incedere incerto e caracollante di un cantato trascinato e svogliato, strofe che paiono figlie di un liceale confuso e distratto, costruzioni che sembrano stare in piedi a fatica. Ma alla fine questo approccio “insicuro” lascia il segno, trasformando le apparenti debolezze in virtù, in veri e propri punti di forza, in caratteristiche fondamentali per interpretare una forma di cantautorato sghembo, sgangherato.
Un nuovo modo di proporre musica che non presuppone necessariamente il fatto di saper cantare e suonare, anzi, tutt’altro. Il bello sta nel fatto che Calcutta sa fare entrambe le cose, anche se con grande astuzia vorrebbe farci credere il contrario, strafottendosene dei canoni e divertendosi a prenderci tutti per i fondelli, imponendosi come giovane promessa del nuovo songwriting nazionale.

Il vento sta cambiando. Calcutta non cerca date, sono queste che gli piovono addosso, e si ritrova a suonare su palchi importanti, anche fuori dai confini nazionali. Calcutta non cerca collaborazioni, e da qualche tempo la sua mail ed il suo telefono sono incandescenti. Calcutta non vuole fare un disco, ed allora gli amici lo fanno per lui.
Sì, Edoardo ci ha messo anni per partorire il suo esordio, vinto dalla timidezza; gli amici, oramai rassegnati, ma certi del valore delle canzoni, avevano recentemente deciso di interpretare i suoi pezzi in un disco tributo. Un tributo a un musicista che non aveva ancora pubblicato nulla. Idea geniale che si è tramutata nella spinta determinante per convincerlo a realizzare dodici tracce a nome proprio.

Calcutta trasmette emozioni semplici, travasate in fragili bozzetti che paiono stare in piedi a fatica, lasciati volutamente allo stato semi embrionale, così strampalati e banali da risultare veri e originali. Voce e chitarra in primo piano, tutto il resto sullo sfondo ad abbellire senza mai rubare la scena: sprazzi di elettronica obliqua, qualche percussione sparsa, fugaci schizzi di verace elettricità mai troppo invadente.
In qualche passaggio ricorda gli Altro, altrove pare un Vasco Brondi ancora più disintegrato, per il modo particolare di essere cantautore oggi, con quella poesia indie- sfiga nella quale tanti giovani (e non solo) possono facilmente riconoscersi.
Ricordi estivi, amori non ricambiati, amori problematici, malesseri adolescenziali, accenti surreali, storie semplici e comuni che partono dalla provincia cronica italiana per divenire universali.
Tu chiamalo se vuoi “provincialismo cosmico”.

Alle spalle c’è una label in ascesa, di quelle che si prendono cura dei propri figli, Geograph Records, la stessa che pubblica la sorprendente Eva Won, che qui dà una mano assieme agli altri compagni di scuderia Grip Casino, Manuel Cascone e Trapcoustic.
E’ musica per le nuove generazioni, una sorta di new punk per laringe e corde, se avete più di quarant’anni e non gradite, tutto sommato può esser giusto così. Ma sappiate che vi state perdendo ciò che sta diventando la normalità, forse siete voi ultra-quarantenni a essere irrimediabilmente fuori dal giro.
Quello di Calcutta si sta imponendo come un piccolo caso nazionale (pur all’interno di un circuito senz’altro di nicchia): “Forse…” è soltanto un primo, in parte timido, capitolo, ma dentro ci sono semi che potranno germogliare e generare qualcosa di importante.
L’anno scorso si parlò tanto de Lo Stato Sociale: Calcutta potrebbe diventare la clamorosa next big thing.


http://www.ondarock.it/recensioni/2012_calcutta_forse.htm


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